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Library: Trauma e Dissociazione

Dissociazione e Parti Dissociate
di Antonio Sammartino    06/06/2018

Nella dissociazione la mente sembra funzionare a compartimenti stagni. Si caratterizza per due aspetti fondamentali: distacco/alienazione e compartimentazione. La dissociazione è una difesa nei confronti di un trauma.

Negli individui è presente una tendenza naturale a integrare le esperienze personali in una storia di vita coerente e unitaria, con un “senso stabile di chi è”, che consente di distinguere il passato dal presente, di mantenerli nel presente anche quando ricordano il passato o pensano al futuro. Ciò consente di avere una chiara percezione di chi è e di collocare le loro esperienze nella storia personale, come parti integranti della propria autobiografia. Questa capacità integrativa consente di sviluppare e rafforzare un “senso di sé” unitario, a condizione che la persona cresca in un ambiente fisico ed emozionale sicuro. 

La dissociazione ha consentito di teorizzare nuovi modelli di lettura della normalità e della psicopatologia, che ha indotto la ricerca a una riflessione interdisciplinare che coinvolge neuroscienziati, psicoanalisti, cognitivisti, teorici dell’attaccamento. Questi nuovi modelli hanno consentito di evidenziare la trasversalità della fenomenologia dissociativa, orientandola verso una lettura dimensionale della dissociazione. 
Diversi studiosi convergono nell’indicare la dissociazione, insieme alla disregolazione emotiva e alla somatizzazione, un indicatore della condizione post traumatica cronica, recuperando quanto già Janet aveva espresso alla fine dell’800, identificando la dissociazione come il meccanismo alla base della patologia isterica di origine traumatica. 
Il termine dissociazione fu introdotto da Pierre Janet per indicare un fallimento nell’integrazione di esperienze (percezioni, memorie, pensieri, ecc.) che normalmente sono associate tra loro nel flusso di coscienza. Janet riteneva che i ricordi traumatici che non venivano assimilati, continuavano ad esistere come idee fisse. A seguito di queste esperienze traumatiche alcune funzioni mentali diventano autonome rispetto al controllo centrale, per effetto di un indebolimento nel coordinamento delle funzioni mentali, consentendo alla vittima di un trauma di compartimentalizzare l’esperienza, in modo da non renderla accessibile alla coscienza. Ciò consente all’individuo di mantenere l’illusione di un controllo psicologico, mentre vive la sensazione d’impotenza. È come se il trauma non si fosse mai verificato. 
Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che le difficoltà mnemoniche presenti nella dissociazione derivano da un danno biologico a livello celebrale. La ricerca ha evidenziato che le reali cause che provocavano i meccanismi dissociativi, nel 25% delle vittime da trauma, sono dovute da un evento traumatico acuto, mentre in altri casi si verifica solo un’amnesia parziale dell’evento. La percentuale si alza sensibilmente nel caso di stress prolungati nel tempo. 
La dissociazione presenta due fenomeni apparentemente contrastanti: l’incapacità delle persone di richiamare consciamente e volontariamente alla memoria i ricordi traumatici e la riattualizzazione e ripetizione automatica, inopportuna e irrefrenabile degli stessi ricordi. 
In una definizione più ampia il termine dissociazione significa tenere distinte idee, cose o persone che solitamente sono insieme; indica l’esclusione di alcuni contenuti mentali dalla coscienza e che quindi non si sono integrati nella consapevolezza cosciente, nella memoria e nell’identità. 
La dissociazione può riguardare i processi di pensiero, le emozioni, le funzioni senso-motoria e i comportamenti. Le esperienze traumatiche quindi non sono rimosse ma dissociate, incapsulate e isolate dal flusso di coscienza, per cui la dissociazione può essere concettualizzata come un modo disfunzionale di autoprotezione dalla minaccia, correlata a situazioni traumatiche che causano un intollerabile senso di disagio, scatenato da stimoli esterni o dall’improvvisa apparizione di pensieri associati con l’evento traumatico. Questa violenta intrusione nella coscienza, genera nella persona un profondo senso d’impotenza e un’intollerabile tensione psichica che impedisce di sentire sé stesso. 
Quando si verifica un trauma, cioè un’estrema esperienza di minaccia, insostenibile e inevitabile, di fronte alla quale la persona è impotente, si attiva un sistema di difesa che disconnette tra loro i diversi livelli funzionali della mente, che danno origine a sintomi dissociativi di distacco, che impediscono l’integrazione dell’evento traumatico nella vita psichica della persona, per effetto della frammentazione e discontinuità della coscienza e della memoria. Ciò causa la perdita parziale o completa della normale integrazione tra i ricordi del passato e la consapevolezza dell’identità personale. I ricordi traumatici sottoposti alle difese dissociative sono difficilmente modificabili, inoltre spesso è impossibile ricordarli o dimenticare, perché sono state compromesse le funzioni integrative della mente e quindi possono apparire all’improvviso e in modo indipendente dalla consapevolezza, per cui generano nella persona la sensazione di perdita di controllo delle emozioni. In diverse situazioni lo stato dissociativo potrebbe scompone la memoria degli eventi traumatici nelle sue componenti somatiche, sensoriali, cognitive ed emotive. 
Per meglio comprendere i processi dissociativi è di fondamentale importanza conoscere il modello della mente (costruzione immaginaria in grado di rappresentare un sistema complesso che non può essere osservato direttamente) formulato da Janet. Questo modello è costituito da un sistema gerarchico, con differenti livelli di complessità, per cui la mente, attraverso un processo di progressiva classificazione biopsicologica di organizzazione e sintesi, passa da comportamenti semplici e automatici, a condotte sempre più volontarie delle attività motorio-viscerali dei livelli di funzionamento superiori. 
Il livello superiore di quest’architettura gerarchica non è costituito dalla coscienza intesa come un qualcosa che esiste già oppure non esiste, ma come un processo con diversi livelli di funzionamento e di perfezionamento. Mentre per Freud la coscienza è completa consapevolezza razionale, per Janet vi è una coscienza riflessiva accanto ad una coscienza primitiva senza un Io (quindi non un inconscio). A questo livello la persona può percepire, ma non comprendere le sue sensazioni. Per riuscire a comprendere le sue sensazioni e i diversi fenomeni psicologici che avvengono a livello della coscienza primitiva, sono necessarie successive operazioni di sintesi. 
La personalità per Janet, è costituita da un insieme coordinato di diversi stati psicobiologici (cognitivi, emozionali, istintivi e motori); mentre la dissociazione che costituisce un automatismo soprattutto nella patologia psichica legata ai traumi, è l’assenza di coerenza e di coordinamento tra i diversi stati psicobiologici. In altri termini è il processo psicologico con il quale l’individuo reagisce alle esperienze che lo sovrastano. La dissociazione è quindi un processo di disaggregazione della sintesi mentale, cioè un indebolimento dell’attività sintetica della mente che consiste nell’integrazione istante per istante dei diversi fenomeni psicologici. Questo processo d’integrazione, costituisce uno dei principi che organizzano la mente. La tendenza della mente a creare nuove sintesi e quella di ripetere in automatico, sintesi che nelle esperienze passate si sono rivelate efficaci e costituiscono i principi che organizzano e regolano la dinamica della mente. Diversi aspetti del pensiero di Janet sono di straordinaria attualità. Ad esempio, la percezione non è un’acquisizione passiva, ma un processo attivo. Anche la memoria non è una semplice copia o riproduzione d’informazioni, ma una ricostruzione che può essere influenzata dalla persona, mentre per Freud è una registrazione passiva che probabilmente lo portò a rifiutare il concetto di dissociazione a favore di quello della rimozione. Infatti, per Freud, ciò che viene rimosso viene collocato nell’inconscio, mentre per Janet la disaggregazione, restringe il campo della coscienza e quindi riduce la quantità d’informazioni di un’esperienza, che possono essere sintetizzate durante una medesima percezione, per cui non sono percepiti e restano scollegati dalla personalità. Tuttavia queste continuano ad esistere a livello subconscio e possono subire ulteriori processi di sintesi. Ciò può determinare comportamenti contraddittori o doppie personalità in diversi casi articolate e complesse. 
Secondo Janet, alcuni traumi possono essere causati da esperienze traumatiche cumulative dell’infanzia (insieme di piccoli traumi ripetuti) e di esperienze negative, prodotte da una serie di micro eventi sensoriali e simbolici che normalmente non invadono la coscienza, anche se possono essere percepiti sotto forma di flashback o memorie traumatiche somatiche non associate a fatti, ma a frammenti di emozioni o sensazioni. La persona quindi non è in grado di ricordare, ma ripete in modo “automatico” quelle memorie. Ciò significa che oltre ad una memoria esplicita e autobiografica per Janet esiste anche una memoria traumatica non verbale, che lega la persona al tempo del trauma e la costringe a una ripetizione “automatica” e subconscia di vecchie sintesi. Costituisce quindi un’impressione sensoriale prodotta da una funzione di sintesi attiva, che si collega a giudizi e immagini precedenti. 
Nel tempo, il termine Dissociazione ha assunto un significato più ampio. Infatti, oggi è considerato una modalità del funzionamento psichico presente in tutti gli individui, che in generale fa riferimento a tutti quei sistemi e contenuti che non sono accessibili alla coscienza. Questa modalità tiene separate dalla coscienza determinate funzioni e informazioni (ricordi, emozioni, percezioni, ecc.), generando così fenomeni che possono variare, senza interruzione di continuità, tra fisiologia e patologia, in cui a un estremo vi è la possibilità di alternare il flusso dell’attenzione, automatizzando il comportamento, al fine di poter liberare la coscienza da alcune attività, per rivolgere l’attenzione ad altre. 
Un esempio di Dissociazione Non-Clinica (o Esperienze Dissociative Non-Cliniche) che tutti sperimentiamo spesso, è quello di guidare automaticamente, lungo percorsi noti, assorti nei propri pensieri oppure l’essere assorbiti da un film o dai propri pensieri, da non accorgersi di ciò che accade intorno. Questo tipo di esperienze dimostra che le persone sono in grado di farsi coinvolgere dalle proprie fantasie, per poi riprendere facilmente il controllo delle proprie funzioni mentali, ciò avviene perché la realtà da cui si allontanano non è percepita come minacciosa.
All’estremo opposto vi è la Dissociazione Traumatica che è una reazione, che può essere determinata da un trauma o da un substrato genetico oppure da entrambe le cause. Si verifica a seguito del fallimento delle funzioni di sintesi mentale superiori e non sulla base di un meccanismo di difesa dell’Io. In seguito a ciò, il mondo interno della persona si disgrega e si struttura su due o più PARTI dissociate, ciascuna con sentimenti, pensieri, percezioni, sensazioni fisiche e comportamenti propri e differenti, che interagiscono tra loro, a livello consapevole e inconsapevole. Alla dissociazione patologica vengono ricondotti i seguenti fondamentali sintomi: amnesia, depersonalizzazione, derealizzazione, confusione dell’identità e alterazione dell’identità. La dissociazione è quindi un tentativo di fuga dal trauma o un modo per risolvere le sue conseguenze. Quando l’episodio traumatico è causato dalle figure di attaccamento (in particolare, nei casi d’incesto), il disturbo dissociativo è più difficile da trattare rispetto a quelli dovuto a cause esterne, come ad esempio un incidente. 
La DISSOCIAZIONE è assenza di coerenza e di coordinamento tra le diverse entità (cognitive, emozionali, istintive e motorie) che compongono la personalità, descritta da Janet come un aggregato di differenti sistemi o funzioni. Questi sistemi normalmente interagiscono fra loro consentendo all’individuo di vivere una soddisfacente esistenza. 
Quando accadono gravi traumi, questi sistemi diventano impenetrabili gli uni agli altri, provocando comportamenti, emozioni, sentimenti e pensieri tra loro dissociati (cioè non sufficientemente elaborati) tali da non consentire un’equilibrata esistenza. La dissociazione quindi non coinvolge singoli pensieri o sensazioni, ma l’intero sistema che è alla base. Ciò significa che l’Io, l’inconscio e la coscienza non sono funzioni unitarie, ma un insieme di sottosistemi distribuiti nel cervello, per cui la mente può essere descritta come una molteplicità di stati di Sé, ciascuno con le proprie caratteristiche. 
Attualmente il concetto di Dissociazione è usato per riferirsi ai processi mentali, ai sintomi o a una serie di specifici disturbi. Ad esempio, i sintomi dissociativi vengono indicati tra i criteri per la diagnosi dei Disturbi Dissociativi, del Disturbo da Stress Post-Traumatico, del Disturbo di Personalità Borderline e del Disturbo Dissociativo Non Altrimenti Specificato; mentre nei disturbi mentali la psicopatologia dissociativa è stata rilevata nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo, negli Attacchi di Panico, nei disturbi dell’alimentazione, ecc. Tuttavia, secondo Liotti gli stati mentali dissociativi possono essere presenti in quasi tutti i tipi di disturbi che comportano una discontinuità nell’esperienza della coscienza e un’alterazione del senso del sé e della realtà. 
Purtroppo in diversi casi, la riscoperta e il recupero della teoria di Janet è stata snaturata, perché è stata focalizzata prevalentemente sulle differenze e somiglianze con la teoria freudiana. Ciò comporta una banale schematizzazione di singoli concetti, estrapolandoli dagli aspetti complessivi della teoria. Diversamente da questi, gli autori che fanno riferimento alla psicotraumatologia s’ispirano direttamente alla teoria di Janet ritenendola indispensabile per la comprensione e il trattamento dei disturbi associati ai traumi. Ad esempio, Onno Van Der Hart nel proporre il concetto di Personalità Traumatica e di Dissociazione Strutturale della Personalità, si è ispirato direttamente al pensiero di Janet, per spiegare la complessa fenomenologia post-traumatica, ponendo l’attenzione sul tipo di azioni che la persona deve intraprendere per rendere meno invadente il passato e quindi rendere più soddisfacente il presente.

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