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Library: Trauma e Dissociazione

Il Trauma dell’Abuso
di Antonio Sammartino    06/05/2018

Una musica udita attraverso una finestra, le parole di una moglie delusa, non sono cataclismi come la caduta di un fulmine eppure ogni ricordo di essi era stato escluso dalla coscienza: “può darsi che esiste un meccanismo psichico che difende la mente contro i ricordi intollerabili, così come le linfo-ghiandole difendono il corpo contro le infezioni, un meccanismo di rimozione che confina questi ricordi nell’inconscio e chiude la porta” (Freud).

Ho ascoltato il tuo silenzio per cercare di guardare oltre quel viso spesso sorridente, ed ho letto nei tuoi occhi lo smarrimento e la paura. A volte dietro ad un silenzio vi è molto da ascoltare, sono silenzi privi d’interessi, a volte aggressivi o provocatori, che spesso si nascondono dietro a bizzarri comportamenti.

Vi sono bambine rifiutate, apparentemente accudite, che nessuno si cura di loro, con storie di abbandoni o di abusi fisici-sessuali, che divenute adolescenti o quasi donne, vivono di sentimenti negativi e assumono nelle relazioni comportamenti incomprensibili, spesso incontrollabili. 
Quando l’esperienza del dolore e della violenza è nascosta o non si trovano le parole giuste per esprimere ciò che si vive, solo il corpo, l’espressione del viso, l’abbigliamento, i comportamenti e le emozioni possono far comprende ciò che è nascosto, al fine di far riemergere il senso della fiducia e la speranza che un giorno tutto possa cambiare. 
L’inconscia speranza di chi ha subito un abuso è di potersi permettere di sentire ciò che occorre percepire e dire ciò che va detto, nella speranza di essere compresa per non percepirsi più cattive e colpevoli degli eventi vissuti. Una ragazza che ha subito un abuso sessuale potrebbe ricorrere a difese dissociative e scegliere, per esempio, di non guardarsi allo specchio, in modo reale o simbolico, per non vedere quelle parti del suo corpo associate alla violenza subita da bambina. La ragazza potrebbe manifestare una complessa relazione odio/amore nei confronti della persona che l’ha abusata e percepire una ridotta sensazione di controllo su ciò che accade al suo corpo, fino a spingerla all’autolesionismo o alla perversione. Potrebbe avere difficoltà a relazionarsi sessualmente (vaginismo, frigidità, dolori nel basso ventre in periodi particolari, ecc.). Nelle relazioni affettive potrebbe incontrare grosse difficoltà nell’avere fiducia in se stessa e negli altri, per cui potrebbe attivare diversi meccanismi psichici quali ad esempio la repressione, la negazione, il distacco dall'affetto, ecc., perché si percepisce priva di valore, cattiva e colpevole. 
L’aspetto più devastante è che in diversi casi, la vittima dell’abuso ha amato e idealizzato chi l’abusava, perché era anche la persona che gli manifestava maggiore affetto e attenzioni. Paradossalmente la faceva sentire protetta, per cui diventa difficile per lei immaginare l’amore senza assumere il ruolo di vittima e quindi potrebbe tendere a negare o ignorare i suoi desideri, perché inconsapevolmente crede di dover soddisfare il bisogno degli altri, per cui tende a stabilire legami con persone che abusano o approfittano di lei. Tra le possibili difese che potrebbe erige verso gli altri vi è quella di manifestare un comportamento provocatorio e aggressivo. In questi casi il comportamento non è manifestazione di sicurezza, ma di estrema fragilità e paura, perché avverte un bisogno di protezione e di aiuto nelle decisioni. 
Nei bambini i traumi (abusi sessuali, fisici, psicologici, l’aver assistito a episodi di violenza, ecc.) alterano il loro sistema nervoso, determinano nella memoria procedurale stili comportamentali che persistono e sono reiterati nel tempo, continuando ad alimentare una vulnerabilità che si esprime nella forma difensiva della DISSOCIAZIONE. La scissione che ne deriva è il naturale tentativo di suddividere il trauma in frammenti separati, in modo da renderlo contenibile. Il dissociarsi dall’esperienza consente di renderla meno personale e in un certo senso non-reale. Purtroppo con il trascorrere del tempo le “altre PARTI” (funzioni della personalità che si organizzano a seguito di traumi) si cristallizzano e si isolano fornendo alla persona una forma di sollievo, di contro determinano un deficit di chiarezza e coerenza. Il processo di frammentazione avviene sia livello fisiologico che psicologico e relazionale, alterando anche la connettività dello stesso cervello. 
Secondo Janet le emozioni intense si dissociano dalla coscienza e immagazzinate sotto forma di sensazioni viscerali (ansia, paura, panico) o d’immagini visive (incubi o flashback). L’essenza del panico e della paura estrema è viscerale e s’inscrive nel corpo, per cui il terrore, l’impotenza e la disconnessione vengono conservati all’interno dei tessuti e delle cellule. 
Il trauma dissocia la persona da ciò che preferisce non conoscere di se stessa, isolandole. Se i pensieri diventano ripetitivi, si alterano anche le funzioni biologiche, perché l’intero organismo riceve continui messaggi di paura cui non corrisponde alcuna minaccia reale. Poiché questi messaggi sono prodotti, quasi esclusivamente da pensieri automatici, sfuggono alla consapevolezza, per cui la persona si trova a combattere contro fantasmi che deformano la percezione della realtà, obbligandola ad adottare comportamenti che sono erroneamente considerate caratteristiche della sua personalità. Le continue frustrazioni che ne derivano, si traducono in stress, che nei tempi lunghi possono anche compromettere il sistema immunitario. 
Gli effetti sullo sviluppo evolutivo determinano un deficit nelle esperienze d’intimità, comportamenti disfunzionali, disregolazione psicobiologica, convinzioni e credenze che contribuiscono, attraverso i pensieri, a sostenere nel tempo l’abuso. Ciò comporta anche la perdita di fiducia negli altri e compromette il senso dell’intimità nelle relazioni, rendendo la persona sospettosa, intransigente e spessa arrabbiata. L’integrazione non è una semplice riconnessione di parti rotte, ma occorre individuare il modo di differenziare l’esperienza, ma per fare questo è necessario comprendere l’organizzazione delle reazioni e le connessioni tra le parti. 
I bambini possono negare o alterare la realtà, allo scopo adattativo di proteggere il rapporto con i loro genitori. Ad esempio una bambina, vittima di abuso sessuale da parte di un genitore, rimprovererà se stessa per la violenza subita e proverà vergogna. Sentirsi responsabile di ciò che è accaduto, gli consente di trasformarsi da spettatore passivo in attore principale, ciò determina nella sua mente la sensazione di poter riprendere il controllo degli eventi, perché è più semplice interrogarsi su ciò che si è compiuto, piuttosto che riconoscere la sola fatalità dell'evento. 
Se l’abuso è negato dall’ambiente in cui vive, la bambina potrebbe trarre la conclusione che deve dimenticarlo, in questo caso il suo senso della realtà potrebbe danneggiarsi. Se l’abuso accade durante l’infanzia, la bambina deve dimenticarlo per adattarsi al suo ambiente, ma nello stesso tempo lo deve ricordare sia per prepararsi a gestire eventuali violenze future, sia perché non può essere affettuosa con la persona che gli ha usato violenza. In questi casi la ragazza vive a livello inconscio una complessa relazione odio/amore con la persona che l'ha abusata e potrebbe risolvere questo conflitto mediante la dissociazione, in cui una PARTE non ha ricordi della violenza, mentre un’altra PARTE la ricorda. 
La ricostruzione dei traumi infantili è di fondamentale importanza, perché se non si è consapevole da dove deriva il disagio, non è possibile individuare le credenze disfunzionali e le motivazioni che le determinano. Ad esempio una persona potrebbe aver sviluppato una tendenza alla negatività o all’ostilità, per lottare contro l’arrendevolezza nei confronti di un genitore che l’abusava, per cui difficilmente si priverà di questi strumenti (rabbia, ostilità, ecc.) di cui ha bisogno per proteggersi dall’eventualità di essere ancora abusata. 
Per smettere di soffrire, queste persone dovrebbero allontanarsi da quell’ossessione, al fine di poter acquisire la consapevolezza necessaria per comprendere i veri motivi che l’hanno spinta in quel vortice, motivi che generalmente sono di natura inconscia, mentre la persona è convinta che il tutto sia dovuto a un legame d’amore. Nella realtà dell’ossessione, l’oggetto dell’amore offre la possibilità alla persona di vedersi riflessa nell’altro, perché non riesce a vedersi senza l’altro. 
I genitori hanno un controllo quasi totale sul mondo interiore dei bambini, possono suscitare in loro emozioni positive o negative e influenzare le loro relazioni. Divenuti adulti, molti bambini riescono a superare le esperienze dolorose della loro infanzia e scegliere con consapevolezza emotiva. 
Se un bambino ha vissuto un trauma importante, il corpo ricorda l’esperienza di non avere avuto il controllo e quindi non memorizza gli eventi traumatici sotto forma di narrazione cronologica, ma li codifica come stati emotivi e fisici. Se la fonte dell’abuso o della trascuratezza è uno o entrambi i genitori, i bambini, per preservare l’attaccamento alla famiglia e per sopravvivere da un punto di vista psicologico, si dissociano da ciò che è accaduto, dubitano del ricordo dell’esperienza o lo alterano, al fine di non riconoscersi come vittima per mantenere una visione positiva di sé. Ciò è reso possibile dalla capacità strutturale innata del cervello, di scindersi o compartimentalizzarsi (funzionamento a compartimenti stagni). 
La dissociazione consente a chi ha subito un trauma di dissociarsi da quell’esperienza in modo da non renderla più accessibile alla coscienza, consentendo così al bambino rifiutato o abusato di continuare a crescere, come se il trauma non si fosse mai verificato. Nell’adulto questa scissione del sé consente alla PARTE PRINCIPALE della persona di poter supportare i normali obiettivi di sviluppo, mentre la PARTE BAMBINO si fa carico degli effetti negativi del trauma. 
Secondo Van der Kolk, per loro natura, i ricordi traumatici, non si manifestano sotto forma di ricordi narrativi in grado di fornire una narrazione certa di ciò che è accaduto, ma tendono a manifestarsi in modo automatico e senza alcun preavviso sotto forma d’immagini, flashback, emozioni o reazioni fisiche intrusive. La persona potrebbe quindi ereditare dai ricordi corporei connessi al trauma, una serie di sintomi che sono difficilmente identificabili come ricordi traumatici. In questi casi la tecnica psicoterapeutica della TALKING CURE, nell’incoraggiare la persona a rievocare il passato traumatico potenzia i sintomi, perché la persona, nel narrare gli eventi del passato, è sommersa dalle memorie implicite connesse al trauma. 
Secondo la Fisher, il trattamento del trauma deve essere rivolto agli EFFETTI, non agli EVENTI del passato traumatico, perché essere in grado di tollerare il ricordo di un’esperienza traumatica non è importante, quanto il sentirsi sicuro nel momento presente ed essere in grado di riappropriarsi delle Parti Bambino disconnesse.

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