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Library: Trauma e Dissociazione

Trauma e Dissociazione
di Antonio Sammartino    17/05/2018

In una stanza in cui è accesa solo una candela, basta una mano davanti alla sorgente luminosa per oscurare metà locale. La stessa cosa accade con il bambino: se gli arrecate il benché minimo danno quando la sua vita è ancora agli inizi, ciò potrà proiettare in lui un’ombra su tutto il resto della sua vita (Ferenczi, metafora sul trauma).

Nel 1888 Moebius ipotizzò che i disturbi isterici fossero conversioni sul corpo d’intense emozioni collegate a precisi ricordi o a idee. Questa ipotesi fu ripresa e sviluppata da Janet, che ipotizzò l’esistenza di un meccanismo di doppia emozione, in cui una persona inizialmente subisce un evento, anche solo mentale che abbassa il suo livello di difesa psichica. In seguito incorre in un secondo avvenimento, originato da un ricordo intrusivo o idea fissa, da cui derivano sintomi invasivi e ossessioni post-traumatiche. Si crea così un circolo vizioso, che in un periodo di fragilità della persona, indebolisce il sistema immunitario psicologico, favorendo l’innesco di memorie traumatiche. Si origina così ciò che nel passato era definito come esaurimento nervoso. 

Janet, nell’evidenziare l’esistenza di una connessione diretta tra gli eventi del passato e i sintomi traumatici, li considerò un’espressione simbolica di elementi inconsci DISSOCIATI. 
Recenti studi di tipo neurobiologico e neuropsicologico hanno indagato le variazioni delle funzioni mnesiche conseguenti a traumi psichici ed hanno ipotizzato l’esistenza di diverse Memorie Traumatiche, in cui la connotazione temporale del ricordo non ha un riferimento nel tempo oggettivo, ma nella sua assenza e passività, i cui contenuti riferiti al trauma invadono la coscienza, imponendosi alla vittima che li vive senza avere la possibilità di agire su di essi. La dimensione ossessiva e costrittiva dell’esperienza rende impossibile elaborare l’evento e quindi di creare una distanza temporale tra l’esperienza traumatica del passato e la sua ripetizione nel momento presente. Inoltre proietta un’ombra sul futuro, che viene percepito come inaccessibile. 
Ciò costituisce una forma di Non-Conoscenza, in cui l’esperienza del trauma è disconnessa e inaccessibile al ricordo, ma influenza le strategie di difesa e di adattamento alla realtà della vittima. Per effetto della dissociazione, il trauma è rivissuto, piuttosto che ricordato, attraverso frammenti di ricordi decontestualizzati e privi di un apparente senso. 
Il ricordo si manifesta attraverso i sintomi di reviviscenza, mediante esperienze di riattualizzazione del trauma, che in modo incontrollabile invadono la coscienza, causando intense reazioni emotive che riproducono gli antichi vissuti di paura, sorpresa e sconforto. Al vuoto di memoria subentra l’azione, mentre la ripetizione evidenzia l’impossibilità di ricordare ciò che non può essere ricordato. Nella forma estrema, questi ricordi si mostrano sotto forma d’incubi ripetitivi, visioni allucinatorie della scena traumatica, da cui la vittima non riesce a sottrarsi. Il vuoto di memoria viene sostituito dall’azione, che non è più agita dalla vittima ma subita, mentre la dimensione costrittiva e ossessiva dell’esperienza impedisce al sistema psichico di elaborare l’evento e di determinare una distanza temporale tra l’esperienza traumatica del passato e la sua attuale ripetizione. 
In altri termini, se il ricordo può essere evocato consapevolmente, l’evento può essere narrato, ma la sua qualità dipende dal livello di presenza dell’Io che osserva la realtà e dall’integrità della capacità di storicizzazione dell’evento. Con la rievocazione consapevole diviene possibile liberarsi dalla pressione che il passato esercita sul presente. Il ricordo del trauma e la sua conoscenza sono condizionati dal livello d’integrazione dell’esperienza da parte dell’Io. Anche se l’esperienza del trauma è inaccessibile e quindi disconnessa dal ricordo, le strategie di adattamento e di difese utilizzate continuano ad alimentare gli stati di dissociazione, consentendo al trauma di essere rivissuto (piuttosto che ricordato) sotto forma di frammenti di ricordi decontestualizzati e apparentemente privi di senso. 
Le ripetizioni nelle relazioni offrono alla persona la possibilità di poter trasformare il trauma in un racconto, mentre il ricordo traumatico, invadendo la coscienza, si mostra nei sintomi di reviviscenza (situazioni o eventi appartenenti al passato), dando forma alle intense reazioni emotive che riproducono gli antichi vissuti di minaccia, sconforto e terrore. 
Se la persona utilizza le illusioni per fuggire dal passato, è molto probabile che venga travolto dalla sofferenza, mentre se cerca di comprendere il messaggio inconscio che vi è associato, può trasformarle in una risorsa. E’ importante ricordarsi che una persona a livello inconscio potrebbe desiderare un qualcosa, mentre a livello cosciente potrebbe volere l’opposto. Ad esempio, una persona potrebbe desiderare a livello cosciente una relazione sentimentale, ma per effetto di un trauma infantile o abuso, la relazione potrebbe essere avvertita, a livello inconscio, come pericolosa, per cui potrebbe adottare strategie inconsapevoli per far naufragare la relazione. Il ripetersi di queste delusioni (illusioni), convince la persona di essere priva di valore o che gli altri sono poco affidabili. 
Un aspetto importante dei processi di rievocazione è che i ricordi sono fenomeni biologici, quindi nel rievocarli si attivano i circuiti neuronali in cui sono stati custoditi. L’attivazione delle sinapsi e alcuni processi intracellulari, rendono i ricordi suscettibili a modifiche, per cui l’esperienza originaria potrebbe essere alterata da nuovi elementi, che dipendono dal contesto in cui si rievoca il ricordo. Ciò significa che i circuiti neuronali in cui sono archiviati i ricordi dell’evento devono essere riattivati per attenuare/annullare le turbolenze psichiche (per esempio l’ansia, la paura, ecc.). Se la rievocazione dei ricordi avviene in un contesto percepito sicuro, potrebbe verificarsi l’aggiornamento e la riorganizzazione dell’esperienza in positivo. 
Questo processo è stato verificato mediante un esperimento sui topi. In alcuni topi è stato indotto un evento traumatico ed è stato individuato il circuito neuronale, in cui era stato memorizzato il ricordo dell’evento. In seguito i topi sono stati sottoposti a una terapia analoga a quella cognitiva-comportamentale, in modo da indebolire il ricordo fonte della paura e dello stato d’ansia. Al termine della terapia i topi sono stati sollecitati a rievocare il ricordo e si è notato che si attivano i medesimi neuroni ma con una particolarità, manifestavano una maggiore attività. Se invece si disattivavano le cellule che si riferiscono al ricordo, la paura non diminuiva. Ciò significa che per superare una paura indotta da un ricordo occorre riattivarlo e affrontarlo, al fine di fare una nuova esperienza in condizioni di sicurezza. Quest’obiettivo può essere raggiunto mediante l’applicazione di diverse strategie terapeutiche. 
Da quanto detto si deduce facilmente che sono le esperienze del passato che plasmano ciò che siamo oggi, ricordando in modo consapevole o inconsapevole, ciò che è accaduto. Tuttavia è importante non considerare l’evento in sé che non può essere modificato, ma il modo in cui reagiamo al ricordo dell’evento traumatico, che deve essere modificato, per integrare l’evento nella storia personale. Occorre quindi focalizzare l’attenzione Mindful, in modo intenzionale e non giudicante, sugli effetti di ciò che è accaduto, che sono stati registrati nella memoria implicita non verbale e in parte del corpo che hanno un riferimento simbolico con ciò che è accaduto. Occorre spostare la propria consapevolezza dalla descrizione verbale degli eventi, agli effetti indotti, durante la narrazione, dai ricordi impliciti, sugli Elementi Fondanti (pensieri, emozioni, percezioni, movimenti e sensazioni) che costituiscono l’eredità traumatica dell’evento, che altera il presente e spinge la persona fuori dalla Finestra di Tolleranza dell’Arousal.
Se la persona rievoca gli aspetti angoscianti dei suoi ricordi, potrebbe rivivere il trauma, ad esempio, sotto forma di flashback; se invece focalizza in modo Intenzionale la sua attenzione sugli elementi meno angoscianti dei ricordi, può modificare il modo in cui ricorda il trauma e scoprire le risorse interne che ha usato per sopravvivere all’evento traumatico. Infatti, il cervello, non memorizza tutti gli elementi dell’evento, ma seleziona ciò che deve ricordare, per cui il recupero del ricordo non è legato ai fatti per se stessi, ma elabora solo alcuni elementi e generalmente perde i dettagli delle risorse usate. È importante rivolgere la propria attenzione, al fine di scoprire le risorse e le esperienze positive che circondano un ricordo, cioè ciò che è accaduto l’istante prima, durante e dopo l’evento traumatico, piuttosto che agli elementi negativi dell’evento. 
La situazione in cui un ricordo viene evocato è in grado di modificare il ricordo, per cui mediante la psicoterapia è possibile influenzare il modo in cui le esperienze fonte del dolore sono ricordate; ciò aiuta la persona a riappropriarsi della sua esperienza attraverso il ricordo. Elaborare i ricordi per superare i traumi, non significa semplicemente ripercorrere la propria storia seguendo un percorso guidato da libere associazioni, perché i problemi indotti dai ricordi che sono fonte di dolore, riguardano l’evitamento, la preoccupazione e l’intrusione che obbliga a rivivere in modo eccessivo i ricordi. La risoluzione del passato dipende dalla capacità di sperimentare di nuovo lo stato in cui si era al momento dell’evento e nel medesimo tempo mantenere la consapevolezza nel momento presente, rivivendo fino ad un certo limite lo stato in cui si era quando l’evento si è verificato e codificato nella memoria, perché se si rimane distaccati dal ricordo non è possibile elaborare gli effetti del passato. Senza la consapevolezza di essere nel presente è alto il rischio di rivivere intensamente il ricordo, invece di elaborare e integrare gli effetti dei ricordi. Rievocare un ricordo solo come narrazione staccata dal corpo e dalle emozioni, consente di comprendere ciò che è accaduto, ma non riesce a trasformare le conseguenze esperienziali di ciò che si è verificato. Infatti, per integrare in modo completo gli effetti del ricordo traumatico occorre attivare le medesime parti del cervello e del corpo che erano attive durante l’evento. In altri termini significa essere in due posti diversi nel medesimo tempo, cioè essere dentro il ricordo a livello esperienziale rivivendo lo stato in cui si era (con chi era, cosa vedeva, i suoni, gli odori, ecc.), ma nel medesimo tempo restare consapevoli del qui-ed-ora e di come si stanno modificando gli elementi fondanti. In queste condizioni s’introducono nella rete neuronale che definisce il ricordo nuovi elementi che trasformano in positivo gli effetti di ciò che è accaduto nel passato. 
Generalmente le vittime di un trauma/abuso «creano una storia» e la utilizzano nelle diverse occasioni in cui devono raccontare l’accaduto. Questa storia può sembrare una versione fedele dell’evento, mentre nella realtà ne descrive solo alcuni aspetti, per cui quando cercano di risolvere le problematiche associate al trauma/abuso o quando iniziano una terapia, spesso scoprono di non avere ancora individuato ciò che è essenziale. Durante un trauma/abuso, l’esperienza di pericolo è sconvolgente per la persona, per cui qualsiasi ricordo o situazione collegabile a esso, crea un’immediata riattivazione di quelle memorie traumatiche, che proiettano nella coscienza, le emozioni e le sensazioni fisiche disturbanti, sperimentate durante l’esperienza traumatica/abuso. 
Ciò accade perché quelle emozioni e sensazioni sono state memorizzate come esperienza generalizzata, al fine di poter riemergere con immediatezza quando nel futuro si presenta una situazione di pericolo (vera o presunta) che rievoca quella vissuta. Inoltre, il sistema della memoria implicita oltre alle emozioni/sensazioni memorizza anche diversi elementi che fanno parte dell’episodio. Il fine è di prevenire pericoli simili, per cui quando la persona si trova di fronte ad uno di quegli elementi, il subconscio lo proietta nella scena dolorosa e sgradevole che ha vissuto, facendogli rivivere anche le emozioni/sensazioni vissute durante l’evento traumatico/abuso. 
Questo spiega, ad esempio, il motivo per cui alcune vittime di un abuso sessuale, spesso non sopportano o percepiscono un disagio nell’essere toccate, anche se sono attratte dal loro partner oppure vivono incubi in cui le mani o gli elementi dominanti dell’abuso, occupano una parte significativa della scena. Per queste persone, il contatto fisico risveglia le memorie traumatiche che coniugano la semplice equazione subconscia: Essere toccati è preludio di abuso. Inoltre nella donna è molto alta la probabilità che possa soffrire di dolore pelvico e dispareunia (dolore nell'area della vagina o della pelvi) o nell’apparato urinario. L’entità del dolore è direttamente proporzionale alla gravità dell’abuso subito. 
Non sempre gli episodi si presentano sotto forma di scene drammatiche, spesso sono sensazioni fisiche ed emotive disturbanti che sono diventate parte del sistema d’allarme, il cui fine è di proteggere l’individuo da un probabile pericolo, purtroppo questo sistema non è in grado di distinguere fra un pericolo reale, probabile o inverosimile, per cui anche il solo pensarlo o parlarne crea una sensazione spiacevole, perché marcato come pericoloso. Ovviamente l’individuo è consapevole che nel presente non è in pericolo, ma per il sistema della memoria implicita è come se lo fosse anche il semplice pensarci. Per questo motivo ad esempio, l’individuo evita anche semplicemente di parlarne, per non avvertire le associate sensazioni disturbanti. 
Generalmente un singolo evento traumatico tende a produrre risposte biologiche e comportamentali isolate tra loro. Ad esempio, l’abuso sessuale coinvolge prevalentemente solo la sfera sessuale, mentre i Traumi Evolutivi e i Traumi Accumulativi, quali ad esempio quelli associati al maltrattamento infantile (abbandono, incuria, violenza fisica, minacce, pratiche coercitive, abuso emotivo, ecc.), interferiscono sulla globalità dello sviluppo neurobiologico del bambino, alterando la sua capacità di integrare, in un insieme coerente, le informazioni sensoriali, emotive e cognitive. In altri termini, i Traumi Evolutivi alterano l’attribuzione di significato alla realtà, alterazione che può essere osservata a livello comportamentale, cognitivo, somatico, affettivo e relazionale, per cui incidono profondamente sulle attese e sulle esperienze della vita, determinando una vulnerabilità di base che compromette la capacità della persona nel saper superare gli eventi potenzialmente traumatici. 
La persona che ha subito un abuso, da una parte percepisce tristezza e disperazione, dall’altra rabbia, desiderio di vendetta e depressione, il tutto influenzato dalla paura che condiziona le sue azioni e la rende guardinga nei confronti degli altri, al fine di poter individuare il senso nascosto delle parole e delle azioni. Nell’esperienza della violenza vi è anche l’umiliazione, che priva la persona del coraggio e del rispetto per se stessa e la sostituisce con qualcosa che genera la sensazione dell’essere impaurita e senza valore. La manipolazione subita rende caotica la sua organizzazione mentale, modifica il suo sistema dei significati, distrugge gli intimi convincimenti, crea smarrimento e priva la persona della gioia e della speranza. Si determina così una ferita che molto spesso resta nascosta agli altri, a volte anche alla stessa persona. Infatti, spesso l’evento traumatico in sé viene espulso dalla coscienza, diventa invisibile, ma perdurano gli effetti deleteri che possono trasformarsi in sintomi fisici, in comportamenti, in atteggiamenti, ecc., che la persona non è in grado di controllare. Il dolore quindi si trasforma, si disgrega in piccoli nuclei di esperienza, apparentemente scollegati l’uno dall’altro e si nascondono in PARTI del corpo e della psiche, emergendo sotto forma di SINTOMI. 
Tutti gli eventi importanti sono registrati e catalogati nel sistema della memoria, gli viene appiccicata un’etichetta alla quale viene associata un’emozione (piacevole o sgradevole) con un valore d’intensità emotiva. Se l’effetto della traccia mnestica supera la capacità della persona di contenerla, perché la ferita del trauma è enorme, interviene un processo psicobiologico che cancella una parte dell’evento, mentre rende invisibile alla coscienza la parte che resta, sotto forma di frammenti d’immagini e sensazioni apparentemente sconnesse tra loro. Tuttavia gli effetti del trauma possono ancora manifestarsi a livello della coscienza, in un linguaggio incomprensibile, ricontestualizzando la ferita originaria, quando la persona percepisce un qualcosa che a livello simbolico si collega alla parte sepolta nella memoria. Questo processo nega alla persona la possibilità di una fedele narrazione dell’evento. Tuttavia, quando il ricordo è rivissuto nella sua drammaticità, la persona può rielaborarlo e quindi ricollegarlo nel sistema della memoria. 
Durante il processo terapeutico non è importante la narrazione originaria, perché in parte non è stata memorizzata e in parte è stata alterata dalle successive esperienze. Invece è fondamentale ciò che la persona è in grado di rievocare, l’aspetto emotivo dei vissuti e le reazioni all’episodio subito, in un contesto in cui vi sia un ascolto empatico e compassionevole, in grado di interrompere l’isolamento e l’umiliazione indotta dalla violenza subita in modo da favorire il processo di riformulazione e cancellazione. Infatti, attraverso l’ascolto empatico, la persona che narra, rispecchiandosi attraverso i pensieri e le emozioni dell’altro, può guardarsi dentro di sé (in modo simile all’immagine che si riflette in uno specchio) integrando nella sua coscienza emozioni e pensieri, dandogli così un senso. Attraverso questa riformulazione del significato dell’esperienza traumatica vissuta, la psiche della persona si ricostruisce, trasformando la memoria dell’evento traumatico da crudele persecutore che riproduce la scena dell’abuso, in un amico che non custodisce più un penoso segreto, ma fornisce la forza per contrastarlo.

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