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Library: Trauma e Dissociazione

Pierre Janet
di Antonio Sammartino    16/04/2018

L’opera di Janet è paragonabile ad una grande città sepolta sotto le ceneri, come Pompei, il cui destino è incerto: può restare sepolta per sempre, può rimanere nascosta ed essere saccheggiata dai predoni, ma è anche possibile che un giorno venga dissotterrata e riportata in vita (Ellenberger).

PIERRE JANET (1859-1947), fu tra i più celebri della sua epoca, fondatore di un nuovo sistema di psichiatria dinamica che anticipa di circa un decennio i concetti e le ipotesi che furono successivamente alla base della popolarità della psicoanalisi. Infatti, il suo pensiero fu un importante punto di riferimento per Freud, Jung e Adler. Infatti, i suoi studi sulla dissociazione e il trauma psicologico sono di fondamentale importanza, perché precursori sia della Psicoanalisi che della Psicologia Dinamica.

Janet, introdusse una nuova tecnica terapeutica che denominò Analisi Psicologica (Janet, nel riferirsi alla Psicoanalisi usava l’espressione Psico-Analisi, per enfatizzare la somiglianza con la denominazione ANALISI PSICOlogica). Introdusse anche i termini Dissociazione (che Freud sostituì con Rimozione) e Subconscio (che Freud sostituì con il termine inconscio). 
Sviluppò una teoria della mente basato sull’idea di Livelli Funzionali (concetto molto importante della psicotraumatologia moderna) e sul DUAL PROCESSING degli stimoli traumatici. L’opera di Janet fu costantemente depredata e dimenticata. Solo dopo circa 100 anni è stato pubblicato in Italia uno dei suoi libri più importante: L’Automatismo Psicologico. 
Questo testo fu presentato per la prima volta da Janet alla Sorbona nel 1889, come tesi di dottorato in filosofia, in cui vi erano descritte le ricerche che aveva effettuato tra il 1882 e il 1888 a Le Havre, su «alcuni fenomeni di sonnambulismo, ipnotismo e suggestione». 
Il pensiero di Janet fu fortemente influenzato da Bergson. Inoltre iniziò ad associare lo studio della filosofia a quello di alcune forme di patologie psichiche, indagate anche da Charcot. 
Ellenberger ha affermato: “L’opera di Janet può essere paragonata ad una grande città sepolta sotto le ceneri, come Pompei. Il destino di una città sepolta è incerto: può restare sepolta per sempre; può rimanere nascosta ed essere saccheggiata dai predoni, ma è anche possibile che un giorno venga dissotterrata e riportata in vita”. La previsione di Ellenberger, anche se lentamente, in gran parte è iniziata ad avverarsi dal 1970. 
Il saggio più importante di Janet è L’Automatismo Psicologico. Essenzialmente è suddiviso in due parti: la prima parte è dedicata all’Automatismo Totale, in cui Janet esamina i fenomeni della catalessia, del sonnambulismo e della suggestione, cioè quelli che occupano l’intera mente. La seconda parte invece è dedicata all’Automatismo Parziale, in cui esamina gli atti subcoscienti, le anestesie, le distrazioni, le esistenze psicologiche simultanee e le diverse forme della Disaggregazione Psicologica, cioè quelle che occupano solo parzialmente la mente. 
La dissociazione presenta due fenomeni apparentemente contrastanti: l’incapacità delle persone di richiamare consciamente e volontariamente alla memoria i ricordi traumatici e la riattualizzazione e ripetizione automatica, inopportuna e irrefrenabile degli stessi ricordi. 
L’Automatismo Psicologico fu presentato per la prima volta da Janet alla Sorbone nel 1889, come tesi di dottorato in filosofia. Secondo Janet, i fenomeni dell’automatismo derivano dalla rottura dell’equilibrio fra l’attività creatrice che determina la coscienza e l’attività riproduttrice che riattiva sintesi significative del passato, cioè fenomeni automatici e non controllabili legati alla riattivazione inconsapevole di precedenti esperienze archiviate nella memoria e associate ad un restringimento della coscienza (psichismo subconscio) in cui viene meno la funzione organizzatrice della mente. L’automatismo psicologico può anche essere visto in termini di debolezza psicologica, che causa un abbassamento del livello mentale (restringimento del campo della coscienza) che invece è pienamente operante quando l’individuo è dotato di forza psicologica. 
La riscoperta dell’opera di Janet, dopo oltre 100 anni, è dovuta essenzialmente all’importanza della Dissociazione, definita da Janet Automatismo, che emerge nella patologia psichica associata ai traumi e nei disturbi della personalità (distacco da sé), il cui fine è di allontanare dalla coscienza, in modo automatico, gli affetti e i ricordi associati al trauma. Tuttavia, anche se eliminate dalla coscienza, queste immagini mentali traumatiche tendono a riemergere sotto forma di flashback, incubi o sogni. Ciò significa che sotto alle funzioni della coscienza vi è un mondo subconscio (termine introdotto da Janet) caratterizzato da istinti ed emozioni che creano un’alternanza di stati di coscienza, che determinano fenomeni di automatismo psicologico, non collegati alla personalità. In altri termini, sono idee fisse subconsce o frammenti scissi della personalità, fuori dal controllo della coscienza, in quanto l’individuo li percepisce totalmente estranei alla sua personalità, per cui li esegue senza esserne consapevole, in uno stato di coscienza rudimentale. 
Essendo fenomeni chiaramente psicogeni e non organici, Janet li considerò Automatismi Psicologici, perché compiuti meccanicamente, senza la partecipazione della coscienza o della volontà. Anche se nell’apparenza appaiono spontanei, questi atti sono sottomessi a un determinismo che li replica senza variazioni. Questi atti automatici non sono collegati alla personalità normale, perché si producono fuori dalla coscienza, per cui impediscono alla persona di riconoscerli come propri. Sono quindi subcoscienti, cioè atti che sono, per un osservatore esterno intellegibili, mentre sono totalmente estranei per il paziente. È come se vi fossero nella mente due differenti attività che a volta si completano e a volte si ostacolano. Janet, per potersi riferirsi agli stati di dissociazione, introdusse il concetto di doppia coscienza.
Secondo Liotti, occorre rivalutare anche la tecnica terapeutica di Janet perché consente di aumentare la capacità di mentalizzazione. Inoltre merita particolare attenzione anche la gestione della relazione terapeutica in quanto Janet cercava di entrare in uno stato intersoggettivo di condivisione empatica, con le parti dissociate della personalità dei suoi pazienti.

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