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Neurobiologia del Trauma

I Contributi delle ricerche neurobiologiche, nella comprensione dei meccanismi, sono alla base della dissociazione.

Quando un individuo vive un evento traumatico importante perde il senso del tempo, dello spazio e dell’identità, per cui non riesce a codificare e memorizzare il ricordo relativo all’esperienza che sta vivendo, perché cervello e corpo, di fronte ad una minaccia mobilitano una delle seguenti istintive risposte di emergenza allo stress: fuggire, combattere, sottomettersi, congelarsi o nascondersi.
L’inizio della percezione del pericolo da parte di uno o più sistemi sensoriali scatena una reazione di eventi neurochimici. L’Amigdala intensifica la sua attività verso l’Ipotalamo, affinché rilasci adrenalina, al fine di attivare il SISTEMA SIMPATICO (sistema ad alto dispendio energetico) che accelera il battito cardiaco e il ritmo respiratorio, in modo da incrementare il flusso di ossigeno ai tessuti muscolari e preparare il corpo a rispondere mediante una strategia di attacco-fuga.
Durante questa risposta viene anche prodotto il Cortisolo, che innesca un’attività similare nel SISTEMA PARASIMPATICO (sistema di conservazione dell’energia) quindi, mentre il corpo si mobilita per l’attacco-fuga, il sistema parasimpatico lo prepara a congelarsi.
Se ad esempio prevale l’attività SIMPATICA, la persona manifesta iperattività, rabbia o paura, sfiducia o ipervigilanza e tende ad agire prima di pensare. Il perdurare di quest’attivazione alterna del sistema simpatico e parasimpatico, disregola il sistema nervoso. In queste condizioni, la finestra di tolleranza alle intense emozioni si riduce, per cui il corpo si trova frequentemente in uno stato di allerta pronto all’attacco, oppure manifesta comportamenti passivi che gli consentono di sopportare qualsiasi tipo di aggressione.
Il sistema nervoso generalmente attiva le medesime risposte automatiche che nel passato, in situazioni simili, si erano rivelate utili, perché il cervello funziona in modo probabilistico, quindi tende a ripetere i comportamenti che aveva adottato nelle situazioni simili. Secondo Van der Kolk, in queste situazioni l’Ippocampo non è in grado di dare un ordine cronologico alle esperienze, prima di trasferirle nelle aree relative alla memoria verbale. Poiché l’Ippocampo e la Corteccia Prefrontale non stanno funzionando, la persona non è in grado di comprendere ciò che accade e di elaborarlo, per cui tutto viene lasciato in balia degli elementi sensoriali non integrati, che non consentono al corpo e alla mente di dare un significato a ciò che accade. Ciò può far comprendere come non servono assolutamente a nulla le esortazioni alle vittime a denunciare o a bloccare l’aggressività, perché quando si vivono quelle esperienze, il cervello non è in grado di controllare il corpo. Solo dopo il dramma, le persone prendono coscienza dell’accaduto non dai ricordi, ma da ciò che vedono davanti ai loro occhi.
Le bambine/bambini vittime di traumi spesso sperimentano inconsapevoli e ricorrenti situazioni di minaccia. Questa perdurante condizione, impedisce loro di sviluppare un’adeguata finestra di tolleranza allo stress, per cui il loro corpo, per adattarsi alla situazione ed essere pronto all’azione, è costretto a porsi in un perdurante stato di allerta oppure per sopportare la situazione traumatica, adotta una strategia prevalentemente passiva e distaccata.
Nelle normali situazioni, con il trascorrere del tempo gli effetti degli eventi tendono a evaporare, se invece la persona consapevolmente o inconsapevolmente li tiene vivi, il cervello continua a produrre l’ormone dello stress, che rinforza le reti neuronali in cui sono impressi quei ricordi. Questo processo, blocca la persona nel TEMPO DEL TRAUMA, rendendola prigioniera nel passato, impedendole così di vivere completamente nel presente. Questa situazione può innescare un processo di dissociazione e quindi di compartimentazione. Un aspetto importante che può far comprendere la compartimentazione e quindi il meccanismo della dissociazione è costituito dalle LINEE DI FAGLIA (o linee di fratture) che determinano la formazione di due o più aree anatomiche nel cervello.
Un’importante linea di faglia è il CORPO CALLOSO, che separa l’emisfero destro da quello sinistro, attraverso cui avviene lo scambio d’informazioni tra i due emisferi. Van der Hart e i suoi collaboratori hanno individuato diverse altre linee di faglia che potrebbero determinare la compartimentazione dissociativa.
Diverse ricerche neurologiche hanno rilevato l’esistenza di una correlazione tra la storia di un abuso/trascuratezza e lo sviluppo deficitario del Corpo Calloso, determinando così un deficit di comunicazione tra i due emisferi.
Durante la prima infanzia l’emisfero destro è quello dominante, mentre quello sinistro inizia farsi notare durante l’età dello sviluppo del linguaggio e in seguito durante l’adolescenza, per raggiungere la piena funzionalità all’incirca verso i diciotto anni. L’emisfero destro è visivo, abile nel riconoscere le differenze e le affinità tra gli stimoli. E’ veritiero e identifica solo le informazioni originarie, non dimentica gli aspetti non-verbali delle esperienze e non le interpreta, può agire in base ad un’emozione, ma è privo delle parole per descriverle. Inoltre senza lo scambio d’informazioni tra i due emisferi, quello sinistro non è in grado di ricordare le azioni-reazioni guidate dalle emozioni dell’emisfero destro.
L’emisfero sinistro invece utilizza il linguaggio per descrivere le esperienze, possiede la memoria autobiografica, è in grado di fare inferenze e di cogliere l’essenza di una situazione, ignorando il resto, ciò pregiudica l’accuratezza, ma semplifica l’elaborazione delle nuove informazioni.

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