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Library: Psicologia - Meccanismi Mentali

Influenza della madre sul feto
di Antonio Sammartino    04/09/2019

L’empatia è un meccanismo psicologico alla base della relazione madre-bambino

Il corpo del feto, può essere programmato dalle parole, dalle emozioni e dai pensieri della madre. Tutti i rumori legati alla vita neurovegetativa della madre, si propagano attraverso i tessuti e giungono al feto attraverso il liquido amniotico. La voce materna passa attraverso la trasmissione ossea. A 23 settimane il feto riconosce i suoni, distingue la voce materna dalle altre, reagisce ai cambiamenti di umore, ai sentimenti e ai pensieri della madre, che costituisce così, sin dall’inizio, il suo unico interlocutore. Questa forma di comunicazione avviene sia per via ormonale, sia per empatia, che consiste nel sentire l’altro attraverso le sue emozioni. 

Il dialogo bambino-prenatale/madre è quasi sempre caratterizzato da un’alchimia di emozioni positive, negative o ambivalenti, che costituiscono già durante la gravidanza, una relazione affettiva che comporta importanti conseguenze nel futuro adulto, in quanto il feto memorizza e introietta acriticamente ciò che la madre gli trasmette, che diventa per il feto il suo personale patrimonio di convinzioni, modelli, aspettative e desideri. 
Infatti, la memoria del bambino inizia a formarsi già nel primo trimestre di gravidanza. Con il trascorrere dei giorni gradualmente le sue esperienze si arricchiscono, diventa capace di fare distinzioni sempre più sottili, mentre lo sviluppo emozionale e la sua personalità inizia a formarsi, sulla base delle emozioni della madre. Ad esempio, l’ansietà della madre generalmente si traduce in uno stimolo che contribuisce allo sviluppo psichico del bambino-prenatale, in quanto lo sollecita progressivamente a strutturare il suo meccanismo di difesa, per rimediare allo stato che la madre gli comunica. All’inizio lo percepisce come impressione sgradevole che si trasforma in emozione, che provoca la formazione di concetti sulle intenzioni della madre. 
Questa emozione si ripresenterà nel bambino-prenatale ogni volta che la madre vivrà il medesimo stato ansioso. In questo modo si è creato un’interazione fra lo stato emotivo della madre e la reazione del bambino-prenatale, che non ha la possibilità di determinare il perché di quello stato emotivo, per cui finisce per considerarlo come funzione di se stesso. 
Non è ancora perfettamente noto come avviene, ma è stato accertato sperimentalmente che esiste un dialogo tra madre e bambino-prenatale, probabilmente con il pensiero, con la voce, ma sempre fatto di sentimenti, emozioni, complicità. Questo dialogo è indispensabile, in quanto la sua assenza creerebbe nel bambino-prenatale una sensazione di abbandono che potrebbe trasformarsi in problemi psicologici, per il bambino che verrà. Ad esempio, i bambini non voluti dai genitori, presentano maggiori problemi, rispetto a quelli voluti, patologie che possono presentarsi sotto forma di ritardi mentali, problemi di socializzazione, disturbi cerebrali, nascite sottopeso e in casi estremi possono anche causare la morte. 
Apprendimento prenatale. 
I fattori biologici possono essere la causa di patologie, ma sembra che non influiscono sulla qualità del normale sviluppo psichico e non siano la causa di psicopatologie nell’adulto, in quanto queste ultime dipendono dagli apprendimenti prenatali e dalle esperienze vissute nei primi mesi di vita. 
Sono queste qualità psichiche che determinano il destino dell’individuo e la sua capacità ad adattarsi alle regole imposte dalla società. L’apprendimento prenatale costituisce quindi il fondamento su cui vengono edificati le funzioni psichiche, che dipendono dalla relazione che si stabilisce fra il feto e la madre. Questa comunicazione è mediata quasi esclusivamente da un linguaggio non verbale, che avviene prevalentemente in modo inconsapevole, a livello preconscio. 
Nelle prime ore dopo la nascita i neonati manifestano una preferenza per la voce della propria madre, rispetto ad altre. È stato sperimentato che se una madre, durante l’ultimo trimestre di gravidanza, racconta per dieci minuti al giorno, una favola per bambini, il neonato è in grado di discriminarla rispetto ad un’altra. Ciò significa che gli elementi di base del linguaggio vengono appresi mediante esposizione sonora prenatale; inoltre lo spettrogramma sonoro dei neonati contiene caratteristiche vocali specifiche della voce materna. 
Numerose sono le sperimentazioni che confermano l’esistenza di un apprendimento prenatale, che fanno supporre che vi sia una comunicazione fra il feto, la madre e l’ambiente che li circonda, che influenza profondamente il neonato. Infatti è stato sperimentato che l’incentivazione dell’esperienze sensoriali del feto, promuove il suo sviluppo somatopsichico. Quindi, durante il periodo prenatale il feto, attraverso l’apprendimento, acquisisce la capacità ad elaborare gli stimoli. In altri termini, possiamo considerare l’ambiente intrauterino come un ambiente di apprendimento ed accrescimento dell’esperienza e della conoscenza. 
Le esperienze che determinano il carattere, la sfera psicologica e la vita relazionale di un individuo, iniziano già durante la fase embrionale, per cui il grembo materno oltre a svolgere un’essenziale funzione protettiva, agisce da filtro fra la comunicazione dell’embrione e il mondo esterno. Ovviamente è una comunicazione mediata dalla madre. 
L’esperienza svolge un ruolo di rilievo nello sviluppo percettivo. 
Lo sviluppo psichico dell’individuo, per quanto riguarda la qualità e l’efficienza, non dipende da fattori biologici, ma da un precoce apprendimento che inizia in epoca fetale. La qualità e l’efficienza delle funzioni psichiche determinano il destino e l’adattamento sociale dell’individuo. Questi apprendimenti precoci, che costituiscono i primi fondamentali elementi relativi alla costruzione progressiva delle strutture mentali, dipendono dalla relazione del feto prima e del neonato dopo, con le sue figure di riferimento (fra cui la madre) e dall’esperienze ambientali in cui si trova immerso. 
Quest’apprendimento iniziale, condiziona la formazione delle sue capacità percettive e comunicative, sulla base di una interazione dinamica fra fattori ambientali e fattori genetici. 
Il processo di apprendimento inizia prima della nascita e si svolge in comunicazione costante con la Madre. Questo dialogo avviene prima a livello chimico, poi a livello sensoriale e solo verso il 6° mese di gravidanza diventa anche emotivo, per cui il mondo per il feto, non si presenta più come un insieme di sensazioni distaccate, ma attraverso la capacità di provare emozioni dà significato a ciò che sente, si trasforma in qualcosa di più coinvolgente e globale. 
I bambini, se non hanno nulla da scoprire non provano sensazioni. 
I bambini appena nati non sono esseri passivi, per cui si annoiano se sono posti sempre davanti alle medesime cose. Sono attratti da ogni tipo di movimento, riescono a seguire lo spostamento di un oggetto, di comunicare mediante il pianto. Occorre distrarli per non isolarli dal mondo, in quanto se si sentono soli durante la prima infanzia, tenderanno a restare soli anche da adulti. 
Tuttavia durante il prima anno di vita le possibilità percettive del neonato sono limitate in quanto gli organi dei sensi non funzionano ancora in modo efficiente, inoltre percepisce la realtà in modo diverso rispetto l’adulto. Al di sotto dei due anni l’attività intellettiva è totalmente influenzata dalle informazioni di tipo senso-motorio, mentre solo dopo i sette anni, inizierà ad acquisire anche la conoscenza di tipo percettivo-intellettivo. 
Spazio psichico di attesa e di accoglimento del nascituro 
Il feto, se sottoposto a ripetute esperienze, è in grado di mostrare responsività nei giochi tattili con i genitori, rispondendo per esempio, ai colpi delle dita sull’addome materno, con un pari numero di calci, oppure di seguire con i suoi arti, sulla parete interna dell’utero, il percorso del dito del genitore sull’addome materno, per cui i genitori dovrebbero utilizzare nel quotidiano, questa precoce capacità comunicativa sensoriale ed affettiva del feto, sia per promuovere la formazione del legame affettivo genitori-bambino, sia per favorire lo sviluppo somatopsichico fetale, in quanto le esperienze vissute durante il periodo fetale influiscono sullo sviluppo successivo. 
La fiducia in se stessi, deriva dall’interiorizzazione del senso di sicurezza prenatale.
Quando un genitore, attraverso la pancia della mamma, accarezza il bambino è come se gli parlasse, gli trasmette un messaggio di amore che il bambino prenatale intuisce e lo fa stare bene. Questa consuetudine a comunicare emotivamente con il figlio, consente ai genitori di avere un contatto di condivisione emotiva, che rafforza la consapevolezza del bambino di essere amato dai suoi genitori, anche dopo la nascita, inoltre consente alla madre di vivere in condivisione emotiva con il bambino, l’evento della nascita. 
Gli stati emotivi della madre, la minaccia della sua sicurezza, le tensioni coniugali, ecc.., possono causare intensi turbamenti nel feto, che si traducono in stati di un’agitazione motoria, che possono perdurare anche per alcune ore, dopo che l’evento stressante è cessato. Se questa situazione di stress persiste nel tempo, l’eccitazione motoria fetale potrebbe trasformarsi in un tratto stabile che si traduce in un suo minor peso alla nascita. Quindi il clima emotivo all’interno della famiglia costituisce una condizione di fondamentale importanza, per uno sviluppo psicoemotivo equilibrato del bambino, in quanto il feto è il depositario delle emozioni materne e della sua serenità, durante tutto il periodo della gravidanza, per cui se il feto si è percepito come amato e desiderato, da adulto manifesterà una più solida fiducia di base ed una maggiore autostima di sé stesso

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