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Library: Psicologia - Meccanismi Mentali

Riflessioni sulla Depressione
di Antonio Sammartino    16/04/2021

La tristezza è un'emozione, la depressione è un disturbo.

La depressione è uno stato fisico e cognitivo intenso, prodotta da una emozione che persiste per un lungo periodo di tempo, che turba e rende tristi, delusi e distanti ed altera in modo significativo la vita quotidiana dell’individuo. Le emozioni negative, la tristezza sono benevoli se sono di breve durata, perché non bisogna mai sentirsi colpevoli della propria felicità (o serenità). 

Gli individui emotivi producono pensieri che sono fortemente influenzati dalle precedenti esperienze ed utilizzano, solo in parte la loro conoscenza, per cui la loro azione è generalmente vaga ed inefficace, mentre gli individui riflessivi si documentano e utilizzano tutte le informazioni di cui dispongono, quindi le loro azioni sono più adeguate e in grado di superare qualsiasi difficoltà di natura psicologica. 
Le emozioni negative che perdurano nel tempo sono in genere sostenute da verbalizzazioni interiori, sono il prodotto della non-conoscenza o di disturbi psichici, per cui in massima parte possono essere eliminate mediante l’impiego del pensiero razionale e della conoscenza. Infatti generalmente, non sono gli eventi che turbano l’individuo, ma l’opinione che egli ha di quegli eventi. Ciò significa che l’individuo, mediante uno sforzo conscio può modificare i pensieri con i quali crea spesso, le proprie emozioni negative. 
Oltre ad individuare l’origine delle emozioni negative è importante incitare sé stesso a fare le cose che si temono, per contrastare concretamente la distorta realtà che appare alla mente. 
La persona depressa non esprime le proprie emozioni, in quanto bloccate (una forma di difesa legata a qualche fantasma). Spesso è irritabile, si sente frustrata e infastidita, si preoccupa in modo eccessivo per il suo futuro, ha pensieri negativi su sé stesso e su ciò che la circonda, può desiderare di dormire troppo oppure avere difficoltà ad addormentarsi. Generalmente si lascia facilmente intrappolare nei suoi pensieri e situazioni, per cui si attenua la sua capacità a concentrarsi sulle strategie da seguire per il recupero, inoltre aumenta la sua vulnerabilità alle emozioni negative che la spingono ad attuare comportamenti inadeguati. 
Spesso l’individuo non riesce a comprendere perché si trova in quello stato, ciò contribuisce ad aumentare il suo senso dell’impotenza e quindi di sofferenza. Tutto il sé della persona soffre. In realtà, vi è sempre un qualcosa che lo scatena, spesso è una perdita non sempre evidente (una relazione, una persona cara, un sogno, un obiettivo, la percezione di aver smarrito una parte del Sé). 
Per migliorare lo stato depressivo è opportuno gradualmente aumentare il tempo e il numero delle attività da svolgere (fare una lista) che devono essere in grado di fornire il senso della realizzazione. Dopo aver completato alcune attività, è opportuno soffermarsi a riflettere su di sé e sugli aspetti positivi dell’esperienza, ascoltare i propri bisogni, individuare cosa non va nella propria esistenza ed elaborare il sentimento di vuoto e di perdita, in modo da poter sviluppare sentimenti positivi verso sé stesso e gli altri. 
E’ molto utile scrivere un diario dei propri pensieri, in modo da poter meglio identificare quelli negativi. Inoltre è molto importante, quando si è irritabili o agitati, di fermarsi e cercare di calmarsi, chiedendosi anche cosa agita le emozioni, in modo da individuale se alla base vi sono eventuali pensieri negativi, al fine di poterli sostituire con altri. 
Una ulteriore importante strategia e quella di cercare di modificare i pensieri negativi, per cui è meglio evitare di parlarne eccessivamente con gli altri, in quanto ciò non contribuisce a migliorare la propria condizione, mentre è più opportuno cercare di indirizzare la mente verso ciò che può essere fonte di gioia, anche rievocando semplicemente i periodi felici della propria esistenza. L’importante è cercare di evitare che vi siano vuoti di mente, in cui inevitabilmente possono insinuarsi i pensieri e le emozioni negative. 
Poiché è inevitabile il riaffiorare dei pensieri negativi, è utile apprendere a gestirli, piuttosto che tentare di soffocarli totalmente. 
Una efficace strategia potrebbe essere quella di dedicare circa 15-20 minuti al giorno, durante i quali si consente alla mente di esprimere i pensieri che sono all’origine dei turbamenti. Trascorso il tempo, questi pensieri devono essere sostituiti da altri. Se durante la giornata dovessero ritornare, occorre ricordare alla mente, che il tempo assegnato all’espressione dei pensieri negativi è per oggi scaduto. E’ stato verificato che questa tecnica, se applicata con impegno e continuità, consente all’individuo di poter controllare il flusso dei suoi pensieri negativi, fino a giungere a non avere più sufficienti pensieri negativi da esprimere, nel tempo loro dedicato. Infine è importante cercare di regolarizzare il sonno, alzandosi sempre alla medesima ora, evitando di dormire durante la giornata. Se non si riesce a dormire è opportuno alzarsi e fare qualche attività rilassante, leggere, ascoltare la musica, fare esercizi di rilassamento, ritornare a letto solo quando sopraggiunge il sonno. 
Fin dalla nascita l’individuo viene spesso condizionato a temere o evitare un qualcosa. Infatti può essere premiato o punito dalle sue sensazioni (per cui tende ad evitare certe situazioni), oppure essere condizionato da processi simbolici e non sensoriali (sorrisi, critiche, lodi, ecc.) o infine dai suoi stessi pensieri, anche quando non hanno alcun rapporto con il mondo esterno. Con il trascorrere degli anni, anche se la realtà non appare più così temibile, l’individuo non riesce più a controllare i suoi timori e paure, in quanto sono molto difficili da rimuovere in automatico, per cui continuano turbarlo sotto forma di sintomi nevrotici. Queste paure nevrotiche, sono quindi paure originate e definite da altri, anche se l’individuo ritiene che sono determinate da sue esperienze. 
Da un punto di vista neurobiologico, nella depressione viene coinvolto l’asse ormonale ipotalamo-ipofisi-surrene la cui funzione è di regolare lo stress. Infatti sono l’Ipotalamo e l’Ipofisi che sollecitano il surrene a rilasciare il cortisolo. Questo asse ormonale è iperattivo nelle persone depresse, per cui viene immesso nel sangue un elevato livello di cortisolo che oltre ad alterare le funzionalità dell’organismo (insonnia, diminuzione dell'appetito, diabete, ecc.), aumenta l’espressione dell’ansia. In altri termini, la depressione si manifesta perché si altera nel cervello, l’equilibrio di alcune sostanze chimiche che hanno un impatto sull’umore. I farmaci possono a volte aiutare a ripristinare l’equilibrio chimico del cervello e quindi migliorare l’umore, mentre per risolvere il problema spesso è necessario anche un intervento psicoterapico per modificare i pensieri negativi e il sistema comportamentale. 
Le persone in depressione oltre a percepire uno stato di tristezza o disperazione, manifestano un’incapacità nel provare emozioni positive, quali ad esempio la gioia, il piacere, l’appagamento, ecc. Ciò comporta di conseguenza una difficoltà nel pianificare o immaginare azioni che possano procurare sensazioni di appagamento e di felicità, quindi non sono motivate a programmare o ad agire per vivere un’esistenza gratificante, in quanto credono che sia irraggiungibile. Inoltre hanno una difficoltà ad associare le emozioni al contesto sociale, per cui sono facili prede di uno stato d’ansia, in quanto temono, per esempio, di dire o fare qualcosa di sbagliato che potrebbe esporle al ridicolo o alla vergogna. Ciò accade a causa di un’anomala attività della Corteccia Prefrontale e di diverse altre aree del cervello.
Un importante aspetto è che le persone depresse sono in grado di provare emozioni positive nel medesimo modo delle persone non-depresse, ma sono incapaci di mantenerle per il tempo necessario a vivere momenti piacevoli (ad esempio, si mostrano disponibili a fare un qualcosa, ma in realtà poi vi rinunciano oppure escono volentieri con amici, ma poi inspiegabilmente si annoiano, ecc.). In questi casi, può essere opportuno insegnare alle persone depresse la tecnica della rivalutazione cognitiva, che consiste nel pensare ad uno stimolo in modo da potenziare la risposta emotiva provocata dallo stimolo stesso oppure insegnare alla persona ad identificare le attività che possono procurarle soddisfazioni o piacere a lungo termine, ad avvicinarsi alle situazioni nuove che percepisce falsamente minacciose, ecc. Questa tecnica consente di incrementare l’attivazione del Nucleus Accumbens (struttura neuronale associata alla motivazione e alle emozioni positive), un’area ricca di recettori della Dopamina (neurotrasmettitore responsabile della motivazione che induce la persona a cercare di conseguire obiettivi per ottenere ricompense) e degli Oppiacei Endogeni (molecole del piacere e delle emozioni positive). Sembra che la riduzione dell’attività del Nucleus Accumbens sia dovuta ad un’anomalia nelle connessioni con la Corteccia Prefrontale, per cui il Nucleus Accumbens si attiva subito, ma si spegne in breve tempo facendo così svanire le emozioni positive. 
In generale l’infiammazione è la risposta sistemica del corpo alle infezioni o alle lesioni. Nel contesto della depressione avviene all'interno del cervello. I ricercatori dell’Emory hanno scoperto che in quest’ultimo caso l’infiammazione è legata all’assenza di comunicazione tra lo Striato Ventrale e la Corteccia Prefrontale Ventromediale. 
Nel 33% delle persone depresse è stato rilevato che un alto livello del marcatore CRP di infiammazione (proteina C reattiva) nel sangue è responsabile di alcuni sintomi associati alla depressione, come ad esempio l’anedonia (incapacità di provare appagamento o interesse per attività comunemente ritenute piacevoli).
Secondo Jennifer Felger, alcuni pazienti che assumono antidepressivi continuano a soffrire di anedonia. I risultati della sua ricerca hanno dimostrato che bloccando l'infiammazione è possibile invertire l’anedonia e aiutare le persone depresse che non rispondono agli antidepressivi. 
Una ricerca effettuata presso l’Emory University di Atlanta, in Georgia ha dimostrato che una stimolazione ottenuta mediante un elettrodo installato nell’area del Cingolato Subcalloso, può avere effetti positivi a lungo termine su pazienti affetti da depressione o da disturbo bipolare. La stimolazione ha eliminato o limitato i comportamenti depressivi, in alcuni casi quasi immediatamente, in altri a distanza di un anno dall'inizio della terapia. Tuttavia sembra che i benefici tendono a scomparire quando si interrompe la stimolazione, per cui non può ancora essere vista come una cura, ma offre un ulteriore possibile percorso di cura. Un aspetto importante è che questa ricerca ha dimostrato che la depressione è un disturbo dei circuiti neuronali che possono essere riattivati. 
Un interessante studio condotto presso la “Northwestern University School of Medicine” di Chicago, rivela che a breve sarà possibile riconoscere la depressione attraverso l’esame del sangue. Infatti, sono state individuate nove molecole dell'Rna (molecola che assolve a varie funzioni biologiche di codifica, decodifica, regolazione ed espressione dei geni) che potrebbero fungere da marcatori della depressione o di una predisposizione alla malattia. La scoperta potrebbe rivoluzionare la diagnosi e agevolare il ricorso alla psicoterapia. Inoltre è stato esaminato il sangue di 64 soggetti, di cui la metà afflitta da depressione e dal confronto è emersa che nei pazienti sottoposti a psicoterapia i valori di questi marcatori ritornavano progressivamente a valori normali. 
La scoperta che un danno fisico nella Corteccia Prefrontale Sinistra causava i sintomi tipici della depressione, come ad esempio assenza di motivazione, incapacità a fissare obiettivi da raggiungere, Pianto Patologico, ecc., mentre lesioni nella Corteccia Prefrontale Destra causavano un Riso Patologico, ecc., indusse Davidson a supporre che la Corteccia Prefrontale Sinistra fosse la sede delle emozioni positive e che le persone che soffrono di depressione o di pianto patologico abbiano una ridotta attività in questa area della corteccia, che si traduce anche in una ridotta capacità nel provare emozioni positive (è noto che l’assenza di gioia è più dolorosa della tristezza) e di una difficoltà nel perseverare nel raggiungimento di un obiettivo (questa è una delle manifestazioni più invalidante della depressione). Non a caso, l’assenza di questi due elementi costituisce un importante sintomo della depressione. 
In sintesi, le persone depresse mostrano una ridotta attività nella Corteccia Prefrontale Sinistra o un’attività più intensa in quella Destra oppure in entrambe. Ciò significa che l’area destra si attiva maggiormente quando emergono le emozioni negative e che le manifestazioni del Pianto Emozionale si verificano per effetto di un'anomalia funzionale dell’area della corteccia che è alla base delle emozioni positive. Inoltre le emozioni positive sono caratterizzate da una forte componente di avvicinamento, mentre quelle negative da quella di evitamento.
L’Apprendimento Esperienziale è molto importante, al fine di poter vivere emozioni positive non solo durante i momenti di gioia, ma soprattutto quando appare più difficile alla nostra mente, programmando per esempio, attività e spazi che consentono di stimolare e cogliere le sensazioni positive. Ciò consente anche di eliminare o quanto meno attenuare quell’incomprensibile malessere (disagio, paura, ansia, ecc.) che a volte invade la vita mentale che porta a chiederci da dove proviene? Quale è la causa?

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