Nel corso del tempo l'atteggiamento e la cura delle malattie mentali hanno subito radicali cambiamenti. In Italia un significativo contributo, è stato fornito da Francesco Basaglia, sia per aver dismesso i manicomi, sia per aver dimostrato che le malattie mentali, se non originate da patologie fisiologiche del cervello, sono il risultato di un disagio sociale.
Il concetto di normalità varia a seconda dell'epoca e della civiltà. In età classica era uno stato della mente che consentiva all’individuo di entrare in comunicazione con le divinità e si raggiungeva con il vino Veritas. Diversi santi erano dei visionari. Oggi è stato dimostrato che con particolari campi magnetici (ad esempio, il casco di Dio di Persinger) è possibile creare visioni divine.
Con l'affermarsi della borghesia, la follia perde il significato positivo e magico, in quanto si riteneva che gli aspetti più importanti erano la salute e la salvaguardia della famiglia. Per cui il medico era l'unica figura legittimata ad avvicinarsi il folle. Ciò dà luogo all'esclusione dalla società.
Il paradosso consisteva nel ritenere il manicomio una cura, una terapia. La legge Giolitti del 1904, è la prima legge italiana per i manicomi, che richiedeva una firma per uscire dal manicomio, ma poiché i pazienti erano per lo più orfani, poveri, omosessuali, visionari o persone normali che avevano dissapori coniugali, per ovvi motivi molti di loro non potevano ottenere quella firma. Spesso, mariti libertini, pensavano bene di scaricarvi le loro mogli.
È possibile prevenire l’insorgere delle malattie mentali?
Oggi non esistono terapie in grado di guarire completamente le forme più gravi di malattie mentale, tuttavia psicofarmaci e psicoterapie, possono contribuire a migliorare la qualità della vita delle persone se utilizzate in modo corretto. Purtroppo vi è una preparazione molto approssimativa, resa ancora più fragile da una miriade di scuole di pensiero, spesso in lotta fra di loro, al solo fine di affermare la validità della loro scuola di pensiero.
Breve storia di come si è evoluta nel tempo, la cura delle malattie mentali.
Per gli antichi Egizi tutte le malattie avevano un'origine fisica, per cui non facevano nessuna distinzione tra malattia fisica e mentale, mentre nella società greca e romana (VI secolo a.C. - VI secolo d.C.) la follia era ritenuta una punizione di origine divina, per cui veniva curata da sacerdoti o filosofi, mediante pratiche di tipo mistico-religiose.
Fu Ippocrate (460-377 a.C.) ad introdurre l’idea rivoluzionaria per i tempi, secondo il quale le malattie non erano causate da interventi divini, ma da specifiche circostanze della vita umana, la cui origine organica era da ricercare nello sbilanciamento di quattro umori. In particolare la depressione era considerata legata ad un eccesso di bile nera. Basandosi sull'osservazione clinica, Ippocrate individuò nelle freniti le malattie psicotiche organiche primitive del cervello (disturbo mentale acuto con febbre), nelle manie i disturbi mentali acuti senza febbre, nella melanconia il disturbo mentale stabilizzato o cronico (insania) ed infine attribuì all’epilessia un significato simile a quello moderno, sottraendola alla credenza che fosse causata dalla maledizione degli dei.
Utilizzò il termine isteria per qualificare i sintomi somatici privi di danni fisici. Il termine isteria deriva da greoco hysteria (utero), in quanto si riteneva che questo organo si spostasse all'interno del corpo della donna, per cui entrando in contatto con gli altri organi causava l’insorgere dei disturbi.
Fu Charcot il primo a modificare questa credenza che successivamente fu considerata da Freud come il risultato di una insoddisfazione erotica.
Nel Medioevo l'interpretazione predominante fu: possessione da parte di spiriti malvagi o del diavolo, debolezza morale, castigo divino. Le donne affette da questo disturbo, venivano accusate di stregoneria e condotte al rogo.
Con il trattato di Giulio Chiarugi (1859-1944), anatomista e politico italiano, fu restituito al folle la condizione di malato, piuttosto che quella di peccatore o delinquente.
Nel XVIII secolo furono ideati i primi asili per gli alienati, da cui successivamente derivano i manicomi, cioè rifugi-prigione per i malati di mente. In questi ambienti con una elevata concentrazione di pazienti fu possibile l'osservazione e la classificazione delle malattie da parte degli psichiatri.
Kraepelin, psichiatra tedesco, compilò la prima classificazione condivisa dei disturbi mentali e formulò le categorie diagnostiche della psicosi maniaco-depressiva (disturbo bipolare) e della dementia praecox (schizofrenia). Kraepelin evidenziò l'importanza dell'origine biologica di questi disturbi e affrontò in modo sistematico e scientifico lo studio delle malattie mentali, basando le sue classificazioni dei disturbi psichici sull’osservazione di casi clinici. Egli riteneva che fosse possibile identificare i modelli dei sintomi che rappresentavano entità di malattie e che una volta definiti si poteva cercare dietro di essi una causa specifica o una serie di cause. A seguito di questa idea innovativa, la malattia mentale, considerata sostanzialmente incomprensibile e non-guaribile (questa idea giustificò la segregazione nei manicomi dei pazienti malati di mente), poteva quindi essere curata.
Le terapie mediche ottocentesche consistevano in docce ghiacciate, diete sbilanciate, isolamento e contenzione fisica, ecc. (sostanzialmente erano improvvisazioni del momento). La situazione iniziò a migliorare nel corso del Novecento, grazie all'introduzione di varie forme di psicoterapia e alla scoperta degli psicofarmaci.
Un notevole contributo in questa direzione fu fornito da Freud (1856-1939), che basandosi sugli studi di Charcot, Breuer, della scuola di Nancy, ecc., elaborò il primo modello sulle malattie mentali e ideò un nuovo approccio psicoterapeutico, per la loro cura, la Psicoanalisi. Seguì un periodo in cui questo tipo di cura fu predominante fino a quando negli anni trenta non venne introdotta la terapia elettroconvulsivante e la cura basata sui farmaci, riportando così la pratica psichiatrica verso un approccio più meccanicistico.
I primi psicofarmaci, destinati a cambiare in modo radicale le metodologie di cura, furono introdotti nella seconda metà degli anni quaranta, il miglioramento delle conoscenze di neurochimica e il continuo sviluppo di nuove molecole in grado di agire in modo selettivo su particolari siti e recettori neurotrasmettitoriali, hanno notevolmente migliorato le opzioni terapeutiche per la gestione e la cura delle principali malattie psichiatriche. Inoltre i progressi delle scienze del comportamento hanno consentito lo sviluppo di nuove forme di psicoterapia (di diverso orientamento teorico e spesso in conflitto tra loro), che si sono dimostrate efficaci nell’eliminare diverse condizioni psicopatologiche
Nell’era moderna, la Federazione Mondiale della Salute Mentale ha classificato nel suo Diagnostic and Statistical Manual (DSM) la più diffusa tipologia di categorizzazione nosografica delle patologie psichiatriche.