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Library: Psicologia - Meccanismi Mentali

Depressione, Genetica e Psicofarmaci
di Antonio Sammartino    04/04/2022

Secondo diversi studi, gli attuali antidepressivi non sono più efficaci rispetto ai primi che risalgono agli anni 50, semplicemente inducono minori effetti collaterali.

I risultati di una ricerca pubblicata sull’American Journal of Psychiatry hanno confermato (ciò che diversi ricercatori, negli anni, hanno più volte denunciato) l’errata associazione tra singoli geni e depressione, la cui conseguenza è stata la diffusione degli psicofarmaci. 

Quest’associazione nacque a seguito di alcune ricerche su 5-Httlpr, una regione polimorfica presente in alcune varianti del gene SLC6A4, responsabile della sintesi di una proteina, la cui funzione è di catturare la SEROTONINA (neurotrasmettitore mediatore sinaptico della comunicazione tra i neuroni), coinvolto nella regolazione dell’umore nelle sinapsi. (Il trasportatore di serotonina è una proteina codificata dal gene SLC6A4). 
Il messaggio all’interno dei neuroni viene trasmesso sotto forma di segnali elettrici. Quando il segnale raggiunge i terminali sinaptici, si liberano alcune sostanze chimiche nello spazio tra i neuroni (il segnale elettrico si trasforma in molecole chimiche per superare lo spazio che separa i neuroni), consentendo la trasmissione del segnale al neurone vicino. Dopo aver svolto il suo compito i neurotrasmettitori vengono riassorbiti dalla cellula presinaptica, per essere successivamente riutilizzati. Questo principio fu utilizzato per introdurre gli psicofarmaci per la cura della depressione (ad esempio, il Prozac). Infatti, essenzialmente gli psicofarmaci inibiscono l’assorbimento della serotonina che rimane per un tempo maggiore nello spazio sinaptico, provocando una più intensa attivazione della rete neuronale basata sulla serotonina. 
Sulla base di questa scoperta si ipotizzò che 5-Httlpr, interferendo sulla ricaptazione della serotonina contribuisse in qualche modo allo sviluppo della depressione. Inoltre gli studi successivi rilevarono un possibile nesso casuale tra questa variante genetica legato al funzionamento alterato dell’amigdala (area del cervello coinvolta nella gestione delle emozioni negative) e ad altri disturbi (ansia, insonnia, disordine affettivo stagionale, psicosi, Alzheimer, ecc.). Da queste ipotesi iniziali si passò a una spiegazione meno deterministica, che legava un piccolo numero di geni a una differente capacità di una persona di reagire allo stress e alle esperienze della vita. 
Con lo sviluppo tecnologico si è passati dal sequenziamento di solo alcuni geni, a interi genomi, rendendo possibile creare enormi database (biobanche) contenenti il genoma sequenziato di centinaia di migliaia di persone. A seguito di ciò è stato rilevato che non vi erano singoli geni coinvolti nei comportamenti e nei disturbi psichiatrici, ma migliaia. Sulla base di questa nuova scoperta è stato riesaminato l’associazione tra depressione e geni ritenuti responsabili del disturbo. Il risultato di queste ricerche è che non è stato rilevato alcun legame tra i geni considerati e una maggiore prevalenza delle malattie psichiatriche, perché sono migliaia i geni coinvolti nei comportamenti e nei disturbi psichiatrici. Inoltre, è emerso in modo chiaro, che la depressione è un disturbo multifattoriale e poligenico, legato all’interazione tra l’ambiente, le esperienze personali e un elevato numero di geni, ciascuno dei quali contribuisce in minima parte alla probabilità che insorga il disturbo. È l’insieme di molti elementi che contribuisce al manifestarsi del disturbo.

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