Da Freud a Bowlby
di Antonio Sammartino
11/02/2015
La teoria dell’attaccamento, elaborata da Bowlby, integrò il modello psicoanalitico con osservazioni comportamentali di tipo etologico e dell’epistemologia genetica, con particolare riguardo alle interazioni madre-bambino.
Freud è stato il primo a riconosce, nello sviluppo della personalità, l’importanza degli eventi della prima infanzia, tuttavia solo raramente ricavò i suoi dati dall’osservazione diretta dei bambini, ma gli derivarono da un processo di ricostruzione storica, che si basava sulle informazioni delle esperienze infantili descritte durante l’analisi, dai suoi pazienti adulti.
Questa tipo di indagine non garantisce un accesso diretto ai processi psichici, perché è il racconto di eventi passati, narrati sotto forma di libere associazioni, di riflessioni sulla situazione attuale e di comportamenti del paziente, per cui nel tentativo di comprendere, lo psicoterapeuta deve necessariamente selezionare e ordinare i dati secondo uno schema che gli è congeniale, per poi desumere quali possono essere i processi psichici che li sottintendono.
Bowlby invece, ricavò i suoi dati dall’osservazione diretta del comportamento dei bambini piccoli, nel loro rapporto con la madre, sia in sua presenza ma soprattutto in sua assenza. In particolare osservò che se persone sconosciute, lo allontanavano dalla madre, il bambino manifestava una reazione molto intensa. Dopo essersi ricongiunto con lei, mostrava un’accentuata angoscia da separazione o un insolito distacco, indotto dal fatto che il bambino aveva rimosso i suoi sentimenti nei confronti della madre.
Contrariamente a quando riteneva Freud, i comportamenti seduttivi di un bambino, nei confronti del genitore, non hanno una valenza sessuale, ma rappresentano una richiesta di attenzione, di affetto, cioè una vicinanza protettiva. Inoltre occorre rilevare che Freud giunse alla formulazione del complesso di Edipo ascoltando i suoi pazienti, ma non verificò mai empiricamente questa sua conclusione, per cui l’idea freudiana del bambino caratterizzato da una vivace sessualità perversa, descritta mediante la favola mitologica di Edipo, appare fantasiosa e priva di riscontri oggettivi.
Inizialmente, la teoria dell’attaccamento, si è sviluppata partendo dalla psicoanalisi delle relazioni oggettuali, integrando i concetti di base della teoria dell’evoluzione, dell’etologia, della teoria dei sistemi di controllo e dalla psicologia clinica. L’obiettivo era quello di spiegare alcuni schemi di comportamento caratteristici nella relazione fra i bambini e i suoi genitori.
Secondo la teoria dell’istinto, lo sviluppo comportamentale pone un accento eccessivo sulla componente pre-programmata, mentre quella opposta enfatizza la componente appresa.
Secondo Bowlby, il comportamento genitoriale, non è il risultato di un immutabile istinto genitoriale e non è il semplice prodotto dell’apprendimento, ma ha forti radici biologiche. Tuttavia le caratteristiche peculiari con cui si manifesta, dipendono dalle esperienze acquisite durante l’intero ciclo dell’esistenza. Infatti, il comportamento genitoriale, sessuale e dell’attaccamento, contribuiscono, ciascuno con le proprie specificità, alla sopravvivenza dell’individuo, contrariamente alla tradizionale teoria delle pulsioni che li considera espressioni varie di un singolo impulso.
Bowlby ritiene che alcuni schemi comportamentali, possono essere visti come fasi successive di sviluppo, mentre altri come qualità della relazione genitore-bambino.
Il modello del comportamento di attaccamento di un individuo, dipende dal tipo di esperienza che ha avuto all’interno della sua famiglia di origine. Da un punto di vista clinico, un’importante caratteristica è l’intensità dell’emozione che lo accompagna, mentre il genere delle emozioni dipende dallo stato della relazione tra le persone coinvolte. Se la relazione è buona vi è gioia e senso di sicurezza; se minacciata vi è gelosia e rabbia; se è stata interrotta vi è dolore e angoscia.
In generale, il concetto di Attaccamento è per Bowlby un tipo di comportamento che una persona manifesta per conseguire o mantenere una prossimità nei confronti di un’altra persona. Questo tipo di comportamento, anche se è presente durante l’intera esistenza è evidente soprattutto durante la prima infanzia. Nell’esaminare la natura del legame del bambino verso il caregiver (persona che prevalentemente si prende cura del bambino), Bowlby intuì che questo legame fosse la risultante di un ben definito e in parte pre-programmato sistema di schemi comportamentali, il cui effetto era quello di mantenere il bambino in prossimità del caregiver.
Lo scopo del comportamento di attaccamento è quello di ricevere protezione.
L’obiettivo principale dell’essere genitori è quindi quello di fornire ai bambini, una Base Sicura da cui partire per consentire loro di avventurarsi nel mondo esterno, sicuri di poter ritornare, nei momenti di bisogno e di trovare persone disponibili a infondere coraggio e a fornire loro assistenza, cercando di intervenire solo quando è necessario.
I bambini che ricevono dalle madri segnali confortevoli e un contatto corporeo, da adulti saranno predisposti in modo favorevoli nei confronti delle persone che soffrono, in quanto ciò che fanno in tali circostanze è di replicare i comportamenti dei genitori.
I bambini che vengono separati da uno o da entrambi i genitori, prima degli undici anni di età, potrebbero avere difficoltà coniugali e psicologiche dopo la nascita di un figlio. Le donne invece che hanno sperimentato una infanzia disturbata, tendono ad instaurare minori interazioni con i loro primi figli. I bambini che subiscono, da parte dei genitori, minacce di abbandono, usate per controllarlo e dominare, causano nei bambini una intensificazione dell’angoscia da separazione oltre a suscitare, specialmente negli adolescenti, una rabbia la cui funzione è di tentare di dissuadere il genitore dal mettere in atto le sue minacce.
Infine i bambini che hanno una relazione molto stretta con la madre, possono incontrare difficoltà di inserimento nella vita sociale. In questi casi il problema è causato dalla madre che avendo sviluppato, durante la sua infanzia un’angoscia d’attaccamento, tenta di fare del proprio figlio una figura di attaccamento per se stessa, per cui il figlio viene sovraccaricato del peso di doversi prendere cura della madre. In questo modo si inverte la naturale relazione di attaccamento, che induce il figlio a diventare angosciato. Una madre che da bambina è stata trascurata ed ha subito frequenti e gravi minacce di abbandono o percosse, potrebbe essere incline a maltrattare fisicamente il figlio.
Le esperienze infantili negative quindi rendono il bambino più vulnerabile, per cui aumentano le possibilità di essere esposto, in età adulta, ad ulteriori esperienze negative.
Anderson ha osservato che durante un’attività esplorativa, difficilmente un bambino di due o tre anni si allontana più di sessanta metri dalla figura di accudimento, inoltre se il bambino perde di vista la madre, l’attività esplorativa viene dimenticata, in quanto il suo obiettivo più importante diventa quello di ritrovare la madre. Se il bambino è grande, generalmente va a cercare la madre, mentre se è piccolo inizia a piangere. Ciò significa che il comportamento esplorativo si attiva solo quando è relativamente inattivo il comportamento di attaccamento.
La prima forma di attaccamento è costituita da un profondo legame che si crea tra il bambino e le sue figure di riferimento (i genitori), dai quali non desidera essere separato perché ha bisogno di ricevere cura, amore e sicurezza. Ha bisogno di queste figure di riferimento per poter avere conferma sulle sensazioni che vive e che non riesce pienamente a comprendere. Su questa dipendenza fisica ed emotiva, il bambino costruisce la sua base sicura, da cui dipenderà la sua autonomia e maturità, attraverso una lenta fase di crescita, che principalmente consiste nella acquisizione della capacità a sapersi separare dall’oggetto del suo amore, senza che questa separazione comporti una perdita interna, come amore interiorizzato, affidabile e sicuro, cui è sempre possibile accedere, anche se la persona non è fisicamente presente.
La qualità dell’accudimento ricevuto determina gli stili di comportamento che guiderà il bambino nelle sue future relazioni affettive, determina il modello su cui si orienterà nella scelta del partner e sul come si comporterà nella relazione con l’altro. Per cui se il bambino, per esempio, è stato maltrattato, poco amato o svalorizzato, orienterà le sue scelte verso un partner che tende (non avendo ricevuto ciò di cui aveva bisogno) a confermare il copione che ha già vissuto. Tuttavia esiste la possibilità di evitare questa coazione a ripetere se l’individuo, attraverso la consapevole conoscenza di se stesso, riesce a rompere gli ancestrali automatismi che alterano la sua percezione, della realtà attuale.